giovedì 30 maggio 2013

Avventura e sport: intervista a Marco Berni

Con Marco Berni
Bresciano. 190 cm per 70 kg di peso, magrissimo di costituzione. Le imprese che fa sono un insulto al suo fisico. Un incrocio tra un fantino e un giocatore di basket, dice lui.

Ristoratore di professione, si sta cimentando anche come presentatore della trasmissione Sport avventura in onda su RTB il venerdì sera alle 22:15. E, insieme a un’azienda di comunicazione, vuole organizzare corsi di team building portando la sua esperienza sportiva a favore di gruppi di persone che vogliono crescere dal punto di vista professionale e personale. Inoltre, tiene diversi incontri pubblici per raccontare le sue avventure e collabora con alcune scuole medie per insegnare ai ragazzi i valori dello sport pulito.

Fin da bambino ha sempre avuto la passione per la montagna e anche adesso gli basta una corsa o una passeggiata in mezzo alla natura per fare il pieno di energia.

Mai sport di squadra. Da ragazzo mingherlino veniva spesso lasciato in panchina.

Con queste imprese ha iniziato una decina di anni fa, ma da sempre ha questa grande voglia di vedere il mondo.

Ha partecipato nella sezione runner a sei edizioni della manifestazione Iditarod Trail Invitational, per un totale di quasi 6.000 km sui ghiacci dell’Alaska. Una competizione davvero al limite, la più dura al mondo: il percorso lungo misura quasi 1.800 km, fatti di tundra sterminata e deserti di neve con condizioni climatiche estreme. La competizione trae origine dalla più nota Iditarod Trail Dog Race, celebre corsa con i cani da slitta che si svolge sullo stesso percorso (da Anchorage a Nome). La gara si ispira a un episodio verificatosi nel 1925, quando un’epidemia di difterite colpì la città di Nome; date le pessime condizioni meteorologiche, che rendevano impossibile la spedizione via aereo o mare dell’antitossina, si ricorse alla tradizionale slitta. Da questo episodio fu tratto il film d’animazione Balto, il nome del cane da slitta che guidava uno dei team che raggiunse Nome a soli cinque giorni dalla partenza.

Laura: Che cosa ti ha permesso di portare a termine un’impresa simile?

Marco: Ciò che conta è la testa, la forza di volontà. C’erano atleti fisicamente molto più forti di me che hanno mollato. E poi il rispetto per chi mi aspetta a casa che, mentre io sono lontano, continua a lavorare anche per me. Fondamentale è anche l’organizzazione dell’impresa, non di poco conto: ognuno di noi si deve attrezzare e orientare in maniera totalmente autonoma.

L: Riguardo al cibo come ti organizzi?

M: Trascino una slitta di circa 20 kg su cui non posso certo caricare tutte le scorte per un mese, quindi spedisco agli uffici postali dei diversi villaggi sul tragitto dei pacchi contenenti i viveri che non posso acquistare sul posto. Non faccio grossi calcoli, ma indicativamente consumo circa 10.000 calorie al giorno. Sono come una locomotiva che ha continuamente bisogno di mangiare per andare avanti. Cerco il cibo quasi come fossi un tossicodipendente, ne sono sempre alla ricerca spasmodica ed è un bisogno che sento più forte di quello del sonno. Una volta mi è capitato di trovare per terra un pezzo di hamburger e di essermelo mangiato, felice come se avessi trovato 500 euro. Anche se ne ho a sufficienza ho sempre l’ansia di rimanere senza cibo. Se accadesse mi fermerei, come una pila scarica. Quando arrivo nei villaggi poi saccheggio i piccoli empori, comperando quantità enormi di cibo e mangiandone subito il più possibile.

L: Cosa metti nella lista della spesa prima di partire?

M: Il torrone: è molto calorico e al freddo ha la giusta consistenza. Non sono mai riuscito a mangiare le barrette, si induriscono troppo. Il salmone affumicato lo compro sul posto. Porto sempre il parmigiano, quello buono, stagionato 36 mesi. Mangio anche interi panetti di burro. Poi non manca mai la frutta secca e la cioccolata di cui sono goloso. Nei pacchi che spedisco a ogni tappa a volte infilo delle piccole golosità, come ad esempio un cioccolato particolare che mi piace, come se fosse un premio. Potrei portare tonnellate di cibo e non mi basterebbe mai.

L: Come fai a mangiare?

M: Ho un marsupio che mi serve anche a trainare la slitta in cui tengo il cibo. Normalmente consumo un pasto caldo ogni 15 ore, utilizzando delle apposite buste di cibo liofilizzato in cui è sufficiente aggiungere acqua calda.

L: Come ti alleni per preparare il tuo fisico a queste imprese?

M: Mi alleno quasi tutti i giorni in modo regolare e nel fine settimana faccio corse più lunghe. Vicino alla gara faccio anche 100 km in montagna, a volte tirando un copertone per allenarmi a trainare la slitta.

L: Come riposavi in Alaska?

M: Dove capitava. Bivacco veloce all’aperto in sacco a pelo, senza tenda. Riposavo un paio d’ore, non di più, per non raffreddare il corpo. In marzo faceva luce alle 8:30 – 9:00, quindi camminavo tutta la notte e verso le 7:00 preparavo il bivacco in modo da svegliarmi con la luce. Non potevo correre il rischio di addormentarmi profondamente, in mezz’ora puoi essere ricoperto dalla neve. A volte alloggiavo nelle scuole o in case private. Lì non c’era nulla di strano ad aprire la porta a uno sconosciuto e offrirgli un piatto caldo e un letto. Un piacere che provo solo in Alaska, dove ho instaurato delle amicizie profonde in pochissimi istanti.

L: E in quel di Brescia com’è la tua alimentazione?

M: Sono golosissimo di dolci e di carboidrati in generale. Da una vita provo a ingrassare, ma non ci sono mai riuscito. Qualche chilo in più mi darebbe più resistenza alla fatica e alla fame. Metto su un po’ di peso appena finita la competizione perché anche quando torno continuo a mangiare moltissimo, fino a quasi un mese dopo. Ma appena riprendo gli allenamenti seri ritorno al mio peso.

L: Mi parlavi della componente mentale…

M: Ho avuto spesso paura, ma mai sono andato nel panico. Avevo come uno sdoppiamento di personalità. Ho avuto persino delle aspre litigate con il mio alter ego. Una volta in cui mi sono perso, e ho impiegato più di otto ore a ritrovare il sentiero, sentivo il mio alter ego che mi rimproverava. Sono arrivato al pianto e questa cosa mi ha fatto paura. La spiegazione, per me, sta in diversi fattori stressanti che si sommano: la privazione del sonno e della giusta quantità di cibo e la grande fatica fisica.

L: Dunque, cosa è veramente essenziale?

M: Bastano 20 kg di attrezzatura per vivere: un sacco a pelo, un fornello per sciogliere la neve e cibo per un paio di giorni. Qui abbiamo davvero troppo. Non mi porto nemmeno il telefono satellitare per scelta, preferisco essere concentrato su quello che faccio.

L: Non si tratta di sport salutare il tuo, diciamolo…

M: No, assolutamente. Sono tornato il primo di aprile e ancora mi sto riprendendo. Quest’anno, come nel 2009, ho avuto un notevole calo della vista a causa dei forti sbalzi glicemici. Solo ora sto riprendendo completamente a vedere bene. Ho i piedi distrutti dalle vesciche che si sono infettate. Mi si sono rotte le scarpe e mi è entrata l’acqua. Ma con la testa sarei pronto a ripartire domani.

L: Quale messaggio vuoi dare a chi ti ascolta?

M: Mi piace molto organizzare incontri per le scuole, in cui parliamo di sport pulito. Sport in cui non è necessario vincere. Io, ad esempio, sono sempre arrivato secondo.

L: Integrazione?

M: In allenamento no, vado di pastasciutta. Durante le gare uso a volte gli aminoacidi ramificati, pochi sali minerali e omega 3.

Amo lo sport pulito e adoro queste nicchie sportive. Semplicemente, mi piace che se ne parli. Ognuno poi tragga i suoi insegnamenti.


Ringrazio Vitaliano Grassi per aver reso possibile questo incontro.

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)


Per approfondimenti:

sabato 25 maggio 2013

Sogna. Comincia ora.


Qualunque cosa tu possa fare,  
qualunque sogno tu possa sognare, comincia. 
L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. 
Comincia ora.
Johann Wolfgang Göethe

martedì 21 maggio 2013

Torta ACE light

Foto di Noemi Feriti
Anche la nostra consulente di bellezza, la make-up artist Noemi Feriti, si è lasciata contagiare dalla voglia di buona salute e ci manda una nuova ricetta light, sana e gustosa. Per realizzarla ha utilizzato farina di kamut, miele e un mix di frutta e verdura. Ecco la ricetta.

Torta ACE light

Ingredienti per 6 abbondanti porzioni:

  • 160 g di farina di kamut
  • 1 uovo
  • 30 g di miele
  • 250 g di carote grattugiate
  • 100 g di succo d’arancia
  • 30 g di succo di limone
  • mezza bustina di lievito
  • un pizzico di sale
  • zucchero a velo, da spolverare in superficie

Preparazione:

Miscelare l’uovo con il miele e aggiungere il succo di limone e d’arancia. Unire la farina, il lievito, le carote e, infine, un pizzico di sale.

Mettere l’impasto in una tortiera. Per le dosi utilizzate è adeguata una teglia di alluminio rettangolare da cui si possono ricavare sei fette di torta belle grandi.

Cuocere in forno a 180°C per 45 minuti.

Terminata la cottura lasciar raffreddare e, quindi, spolverare con lo zucchero a velo.

Valori nutrizionali (per una fetta da 100 g):
  • 134 kcal
  • 4,5 g di proteine
  • 1,1 g di lipidi
  • 28,3 g di glucidi disponibili
  • 28,7 mg di calcio
  • 56,4 mg di sodio
  • 163,1 mg di potassio
  • 56,8 g di fosforo

Fonti:
(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

mercoledì 8 maggio 2013

Non si cambia restando uguali

Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.  
La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.  
E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie.  
Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'. 
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni.  
La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza.  
L' inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita.  
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.  
Senza crisi non c'è merito.  
E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.  
Parlare di crisi significa incrementarla e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro.  
Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla (A. Einstein)

mercoledì 1 maggio 2013

Oggi come 19 anni fa...


Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota e corro veloce per la mia strada, anche se non è più la stessa strada, anche se non è più la stessa cosa

Così inizia «Ayrton», canzone scritta nel 1996 da Lucio Dalla. 
La potete ascoltare cliccando sul titolo, ne vale la pena. Anche se forse vi dovrete emozionare.

Entrambi non ci sono più, ma hanno saputo lasciare il segno. Non è da tutti.