martedì 27 marzo 2012

Non solo cottura

Illustrazione di
Gianluigi Marabotti
Tutti sappiamo che per rendere sicuri i frutti di mare è necessario sottoporli a cottura; se questa operazione non è fatta con accortezza però, si rischia di rendere il prodotto sgradevole al consumo o, peggio, pericoloso per la salute.

Ad esempio, nel caso delle cozze (che possono contenere la mitilotossina, un alcaloide fortemente tossico) il riscaldamento igienico richiede un trattamento a 60°C per 3 minuti oppure a 80°C per un solo minuto. Sulla base di ciò si potrebbe pensare che è la stessa cosa cuocere questi molluschi nel modo classico, cioè in una bella pentola con coperchio, oppure passarli rapidamente in un forno a microonde.

Se mai ci avete provato, avrete certamente concluso che le cozze al microonde non “s’hanno da fare”. Ecco spiegato brevemente il motivo.

Si tratta solo di denaturazione proteica. A 60°C si ha la denaturazione delle glicoproteine responsabili della saldatura delle valve ed ecco perché le cozze si aprono dopo pochi minuti se messe sul fuoco vivo; a 80°C invece si denatura un altro aggregato proteico che conferisce alla carne un carattere coriaceo.

Quindi se produciamo un riscaldamento rapido ed intenso (come nel microonde) otteniamo sicuramente l’apertura delle cozze e la loro sicurezza igienica, ma la loro consistenza sarebbe stopposa; se invece il riscaldamento è fatto in modo tradizionale in una pentola, con qualche minuto in più ecco un prodotto sicuro e insieme buono al palato.

Attenzione che la classica spruzzata di limone non ha alcun potere battericida e non rende sicura l’ingestione di mitili che non sono stati sottoposti a cottura.

Bibliografia:
Appunti del corso: Tecnologie della ristorazione, Corso di laurea in Scienze e tecnologie della ristorazione - Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Milano.

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

domenica 25 marzo 2012

Mela o pera?

Illustrazione di
Gianluigi Marabotti
Dal punto di vista della distribuzione del tessuto adiposo si riconoscono due situazioni ben diverse, sia per l’estetica che per gli effetti sulla salute: l’obesità ginoide (o a pera) e l’androide (o a mela).

La prima, tipica ma non esclusiva della donna, è caratterizzata da accumulo di tessuto adiposo nella zona dei fianchi, dei glutei e delle cosce. Si tratta per lo più di grasso sottocutaneo che in condizioni fisiologiche viene accumulato dal corpo femminile per far fronte alle necessità energetiche di gravidanza e allattamento.

La seconda situazione, più frequente ma non esclusiva dell’uomo, è caratterizzata da una più abbondante distribuzione del grasso in corrispondenza della regione addominale, toracica, dorsale e cerviconucale. In questo caso il grasso si accumula tra i visceri determinando un maggiore rischio di complicanze cardiovascolari e metaboliche.

La circonferenza addominale per un individuo adulto:

-con valori superiori a 94 cm nell’uomo e ad 80 cm nella donna si associano ad un rischio metabolico moderato.

-con valori superiori a 102 cm nell’uomo e ad 88 cm nella donna si associano ad un rischio metabolico accentuato.

Laddove per rischio metabolico, si intende il rischio di manifestare ipertensione, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, iperuricemia e altre patologie del metabolismo.

Come sempre, quindi, non è solo questione di peso.

Per approfondire. Marcelli, Baisi, Binetti. Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate. Il Pensiero Scientifico Editore, 2006.

(Articolo scritto per LaScuola di Ancel)

sabato 24 marzo 2012

Infuso o decotto?

Due termini che spesso vengono confusi ed utilizzati impropriamente.

L’infuso è il più semplice utilizzo delle erbe. Per eseguirlo correttamente bisogna usare preparati finemente sminuzzati, in modo da aumentare la superficie di contatto, su cui andrà versata dell’acqua bollente (in genere la concentrazione può variare dal 2 al 10%). L’ideale è utilizzare una tisaniera: una tazza alta, stretta, con coperchio, in ceramica o porcellana un po’ spessa in modo che possa mantenere a lungo il calore; alcune hanno già incluso il filtro. Il tempo di infusione è variabile, in base al tipo di erbe, ma in genere è intorno ai 6-10 minuti, tempo che corrisponde a quello impiegato dalla bevanda ad intiepidirsi.
Questa preparazione va bene ad esempio per gli olii essenziali, molto volatili e delicati, che non devono bollire.

Se invece si vogliono ottenere principi attivi da materie prime particolarmente coriacee (foglie dure, cortecce, ecc) è meglio il decotto che prevede una lunga bollitura eventualmente preceduta da una macerazione in acqua fredda. La quantità di erbe da usare è minore (dal 2 al 5%) rispetto all’infuso e i tempi di macerazione ed ebollizione dipendono da quale parte della pianta si usa: basteranno 10-15 minuti per foglie o gemme, mentre servirà un tempo più lungo per cortecce o radici. Il tutto poi va, ovviamente, filtrato.

Un piccolo consiglio: generalmente si tende a miscelare più tipi di prodotti vegetali sia per sommarne le proprietà che per migliorare il sapore: a tal proposito è raccomandabile non miscelare più di 3 – 5 piante nello stesso preparato in modo da evitare possibili interferenze tra i diversi componenti.

Da ricordare che i preparati (infusi o decotti) sono più attivi appena fatti ed è meglio non conservarli per più di 24 ore. Inoltre meglio non riscaldare una seconda volta le preparazioni ma è preferibile tenerle in un thermos, pronte e calde al momento dell’uso ad esempio nella pausa al lavoro, come alternativa al caffè posticcio della macchinette

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

venerdì 23 marzo 2012

Educazione alimentare...nel pallone!

Illustrazione di
Gianluigi Marabotti
Il famoso palloncino che si gonfia nello stomaco e aiuta a perdere peso, come dice la pubblicità, è sotto inchiesta. E’ una notizia di fine giugno che l’azienda produttrice è interessata da un procedimento penale in quanto non ha sospeso la pubblicità del prodotto in questione nonostante il ministero della Salute ne avesse ordinato la cessazione, violando quindi l’articolo 650 del Codice penale.

Il problema sta nel fatto che il palloncino in questione veniva definito nella pubblicità come “dispositivo medico” quando in realtà sarebbero tali solo i prodotti destinati alla diagnosi o al controllo di una malattia. Definizioni a parte, comunque, i dispositivi medici devono dimostrare la loro efficacia e sicurezza grazie a studi clinici e la loro pubblicità deve essere autorizzata.

L’azienda inglese ora sostiene che il suo prodotto non è un dispositivo medico ma un complemento alimentare che funziona da “riempitore” anche se sul foglio illustrativo, almeno nelle versioni che ho trovato in rete, si legge a chiare lettere la dicitura “dispositivo medico”.

Il palloncino intragastrico è senz’altro un prodotto particolare: si tratta di una capsula rigida che contiene una gomma naturale microcristallizzata di origine vegetale che, una volta ingoiata con molta acqua, si gonfia fino a raggiungere le dimensioni di una palla da tennis, facendo sentire prematuramente la sazietà. Dopo circa un’ora si disgrega e viene quindi eliminata. Leggo sul foglio illustrativo che la disgregazione avviene ad opera della glicosidasi della flora batterica intestinale che, a mio avviso, avrebbe ben altre funzioni e potenzialità.
Sempre sul foglio illustrativo si dice che il prodotto sia adatto per soggetti che presentino difficoltà a seguire una dieta ipocalorica (e chi non ne avrebbe?) o che siano refrattari al trattamento comportamentale dietetico. Poi però si precisa che deve essere assunto in associazione ad una dieta ipocalorica variata ed equilibrata, ricca di frutta e verdura, abbandonando stili di vita sedentari, fumo e alcol.

Nel caso vi venisse il dubbio, è anche specificato di non darlo ai neonati e ai bambini fino ai 3 anni (cioè a 4 anni si?!) e attenzione anche alla proprietà sequestrante che il prodotto ha nei confronti di farmaci, vitamine e sali minerali (in questo caso vi consigliano pure di ricorrere ad integratori).
Ah, per inciso: per perdere peso ci vogliono 6 capsule al giorno (una può costare anche più di due euro) e 4 per mantenerlo.

Sarò all’antica, ma sono fermamente convinta che sia tutto molto più semplice: non c’è niente che disseta più dell’acqua e niente che sazia più del cibo, quello vero, buono, sano. Dicendo questo non voglio banalizzare le difficoltà che molti hanno nella corretta gestione dell’alimentazione, anzi, so che è un problema molto complesso. Solo che queste difficoltà vanno affrontate soprattutto dal punto di vista dell’educazione e garantisco che è un po’ come quando si impara ad andare in bicicletta … una volta acquisita la tecnica non la si dimentica più. Non è un caso che i numerosi prodotti simili a questo durino sul mercato il tempo necessario a dimostrarne l’inefficacia.

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

domenica 18 marzo 2012

Libro - Il tè è sempre una soluzione (Alexander McCall Smith)

Il tè è sempre una soluzione, 2003
Alexander McCall Smith
Per chi non avesse letto ancora nulla di McCall Smith, consiglio di farlo al più presto partendo da “Le lacrime della giraffa”. La storia cresce di libro in libro e vi innamorerete dei suoi bizzarri personaggi e dell’atmosfera densa di buoni sentimenti, proprio come è capitato a me.
Di origini scozzesi, ma nato e cresciuto in Africa, McCall Smith conosce molto bene la terra che descrive ed è un personaggio del tutto particolare: rinomato esperto di diritto applicato alla medicina e alla bioetica è stato presidente del comitato etico del British Medical Journal fino al 2002 nonché membro del Comitato internazionale di bioetica dell’UNESCO. Appassionato musicista e famoso scrittore. Il suo curriculum stride con la semplicità delle sue storie, ma non con la capacità di arrivare al cuore dei lettori.
Siamo a Gaborone nel Botswana nell’ ufficio della Ladies’ Detective Agency N.1 di Zebra Drive. Mma Precious Ramotswe sorseggia una tazza di tè rosso pensando al signor JLB Matekoni, suo fidanzato, abile meccanico e uomo premuroso ma che fa attendere la tanto desiderata proposta di matrimonio.
Prescious è una donna dalla corporatura tradizionale, lo ripete spesso nel libro, che stupisce con le sue perle di saggezza, con la sua calma e la sua intelligenza. E’ una donna pratica e gentile, sempre attenta alle tradizioni del suo Paese ma pronta a sfidare anche le sue difficoltà e contraddizioni.
Altro personaggio centrale è la signorina Makutsi, diplomata con 97 su 100 alla Scuola per segretarie del Botswana. Irreprensibile assistente dalla testa durissima, con un’insana passione per le scarpe.
Le giornate della signora Ramotswe e della sua assistente sono scandite dalle pause dedicate alla preparazione ed al consumo del rooibos, il tè rosso sud africano, legante di tutte le storie, sottofondo di scene comiche, strani rompicapi e tenere baruffe. Il tè rinfresca e schiarisce i pensieri e aiuta a risolvere i casi più difficili:
“”Bene”, tagliò corto la signora Ramotswe, “Allora facciamoci una bella tazza di tè e studiamo il modo di affrontare il problema…”
La signorina Makutsi preparò il tè rosso e lo sorseggiarono discutendo la strategia migliore per trattare la questione … Il tè ovviamente ridimensionò il problema, come sempre, e dopo il primo giro, quando la signorina Makutsi prese la teiera leggermente sbreccata per riempire di nuovo le tazze, avevano ormai ben chiaro in testa cosa fare.”

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

venerdì 16 marzo 2012

Libro: La maga delle spezie (Chitra Banerjee Divakaruni)

La maga delle spezie, 1997
Chitra Banerjee Divakaruni

L’assunzione delle spezie
descritte in questo libro
va effettuata
esclusivamente
sotto la supervisione
di una qualificata
Maga delle Spezie

Già il nome della protagonista è una promessa: Tilo, è il diminutivo di Tilottama, che significa semi di sesamo bruciati dal sole, semi magici e ricchi di nutrimento.

Non esiste al mondo un altro posto simile alla bottega delle spezie di Tilo in cui la cultura indiana si fonde con i desideri della gente di un piccolo angolo di California.

Tilo conosce il potere magico di ogni spezia: i semi di vaniglia ammorbiditi nel latte di capra e strofinati sui polsi proteggono dal malocchio, una dose di pepe a forma di mezzaluna ai piedi del letto tiene lontani gli spiriti, semi di coriandolo per vedere chiaro e zenzero per il coraggio. Ogni spezia poi ha un suo giorno speciale:

- il martedì è della trigonella, dura come una manciata di sassolini e del colore della sabbia; spezia dei giorni in cui ci si rannicchia sotto una trapunta a raccontare storie

- il mercoledì, giorno di mezzo, è del finocchio, bruno come le foglie autunnali, profumato dei cambiamenti in procinto di arrivare e capace di digerire le sofferenze e renderci più forti dopo averle superate

- il giovedì è del rosso peperoncino, la spezia più potente e la più bella

- il venerdì è della malefica assafetida, antidoto dell’amore

- la domenica è della curcuma, gialla polvere d’ala di farfalla, spezia della fortuna, capace di mantenere sano il cibo in una terra di calore soffocante e fame

- il lunedì è il giorno del silenzio e il sabato è del futuro…

Vi lascio il piacere di assaporare la storia di Tilo che sembra la padrona di tutti i destini ma che non ha fatto i conti con l’amore, così forte da far vacillare la sua magia. E la curiosità di scoprire se le spezie la perdoneranno per questo…

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

giovedì 15 marzo 2012

Le noci fanno bene, anche alla dieta!

Illustrazione di
Gianluigi Marabotti

E’ ormai noto che un consumo regolare di noci riduce il rischio cardiovascolare, ma è opinione comune anche il fatto che le noci siano cibi ad alta densità calorica.
Ciò porta molte persone, che magari hanno deciso di intraprendere un percorso di dimagrimento, ad assumerle con cautela, trattandole al pari di altri snacks ipercalorici (noccioline, cioccolatini, patatine, ecc.); questo è davvero un peccato, in quanto si perdono gli innumerevoli benefici che derivano da un consumo regolare di questi frutti oleosi.
Un recentissimo studio, pubblicato nel mese di agosto sul Journal of Nutrition and Metabolism, ha voluto evitare proprio questo malinteso valutando l’effetto che ha un consumo regolare di noci al fine di chiarire una volta per tutte che questi preziosi frutti possono essere tranquillamente inseriti in un piano alimentare equilibrato.
Sebbene i dati ottenuti sulla composizione corporea siano limitati e da confermare con altri studi, è stato riscontrato in modo evidente che la qualità della dieta delle 100 persone oggetto di studio era notevolmente migliorata. E questo ha un impatto considerevole nel ridurre il rischio di malattie croniche, in particolare cardiovascolari.
Un altro recente studio ha dimostrato che la sostituzione di uno spuntino “malsano” come patatine e dolcetti confezionati con uno spuntino sano come noci o altri semi potrebbe prevenire, nel Regno Unito, circa 6000 morti cardiovascolari ogni anno.
Ma quali sono i possibili motivi per cui il tanto temuto aumento di peso non è correlato con il consumo di noci?
In primo luogo, le noci sono ricche di proteine e fibre con un basso valore di indice glicemico che, insieme alla necessaria masticazione dei croccanti frutti interi, aiuta a promuovere il senso di sazietà .
In secondo luogo pare che il consumo di noci possa portare ad un aumento del metabolismo basale grazie al contenuto di acidi grassi insaturi.
In terzo luogo alcune ricerche hanno suggerito che i lipidi che si trovano nella frutta oleosa non sono molto biodisponibili, il che significa che una percentuale elevata di questi grassi viene eliminata nelle feci.
E soprattutto, finalmente, che 100 calorie di noci non sono certo equivalenti a 100 calorie di cibo spazzatura.

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

martedì 13 marzo 2012

Libro - La fabbrica di cioccolato (Roald Dahl)

La fabbrica di cioccolato 1964
Roald Dahl

Massima indecisione: “La fabbrica di cioccolato” del 2005 di Tim Burton o “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato” del 1971 di Mel Stuart? Così tra i due litiganti ha vinto il libro, la cui prima edizione originale risale al 1964.
La storia la sanno un po’ tutti. Anche io la conoscevo, avendo visto il film, quello del ’71, innumerevoli volte. Ma come sempre un libro fa vedere qualcosa in più. Ad esempio ho scoperto che Roald Dahl era altissimo, quasi un gigante e che vicino al suo collegio sorgeva una fabbrica di cioccolato che “usava” gli alunni come assaggiatori. Anni dopo Roald Dahl diventa Charlie Bucket, il bambino protagonista della storia.
Poi ho scoperto che esiste un Roald Dahl Museum poco fuori Londra (a Great Missenden dove l’autore è vissuto) e una Roald Dahl Foundation, sostenuta dal 10% dei diritti d’autore, che si occupa di iniziative benefiche a favore dei bambini.
La storia ruota intorno al pancino vuoto di Charlie, che desidera al di là di qualsiasi altra cosa il CIOCCOLATO. Una sospiratissima tavoletta di CIOCCOCREMOLATO DELIZIA WONKA AL TRIPLOSUPERGUSTO era il suo unico regalo di compleanno, quanto ci si poteva permettere con lo stipendio da avvitatore di tubetti di dentifricio di suo padre; per il resto i pasti in casa Bucket erano costituiti da pane e margarina a colazione, patate lesse e cavolo a pranzo e zuppa di cavolo a cena. Razione doppia la domenica.
Adoro Nonno Joe, secondo me è il vero eroe del romanzo, colui che alimenta i sogni del bambino e che lo accompagnerà nel viaggio fantastico all’interno della fabbrica. Tra tutte le stanze davanti a cui sfrecciano i nostri bizzarri personaggi mi ha fatto ridere ancora il magazzino numero 71: SELLE DI TUTTE LE FORME E LE MISURE … per montare la panna, naturalmente; la panna non può essere montata a dovere senza una sella! Sarebbe come un uovo in camicia che se ne va in giro in canottiera.
E’ un libro per ragazzi, con una morale semplice e chiara: la bontà, quella d’animo intendo, viene ricompensata. Sempre.
Ah … Le tavolette di cioccolato Wonka esistono: si tratta di un marchio di dolciumi (The Willy Wonka Candy Company) ora di proprietà della Nestlé. Toglie un pò di poesia, è vero … ma la favola resta.

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

domenica 11 marzo 2012

Libro - La scuola degli ingredienti segreti (Erica Bauermeister)

La scuola degli ingredienti segreti
(The School of Essential Ingredients)
2009, Erica Bauermeister
Ho trovato questo libro per caso, durante un pomeriggio di pioggia al mare. La libreria è stato il primo posto dove ho pensato di ripararmi e così, cerca cerca, ho trovato questa vera e propria sciccheria.
Un libro che sa di cioccolato, vaniglia, cannella … i miei aromi e colori preferiti.
Quanto mi piacerebbe partecipare a un corso di cucina come quello raccontato, per capire qual è il mio ingrediente segreto. Nessuno meglio di Lillian, la protagonista, conosce meglio la magia degli ingredienti e l’alchimia del cibo: da bambina ha “salvato” sua madre grazie a una misteriosa ricetta donatale da Abuelita, la signora della bottega delle spezie (che tanto mi ha ricordato “La maga della spezie”, già recensito). Ve la scrivo volentieri:
“Prendi la tua bacchetta magica.
Versa il latte in un pentolino. Usa latte intero, bello denso.
Fai dei riccioletti di scorza d’arancia. Mettili da parte.
Spezza in due la cannella.
Aggiungi la scorza di arancia e la cannella al latte. Grattugia il cioccolato.
Aggiungi l’anice.
Solo un pizzico. Lascia sobbollire finché tutto si aggrega. Quando succede te ne accorgerai.
Ora aggiungi il tutto al caffè di tua madre.”
A nemmeno tredici anni giurò che avrebbe cucinato per tutta la vita, con la mano posata sul fondo di una padella da trentasei centimetri. E così fu.
Il suo piccolo ristorante, in stile Arts and Crafts, non aveva più di dieci tavoli ma tutti con una personalità. Il menù cambiava senza preavviso ed era sempre ciò che le persone desideravano.
Lunedì chiuso. Ed ecco che la cucina accoglie gli alunni del corso e le loro storie; per loro Lillian sa trovare l’ingrediente segreto che manca nella loro vita. Forse anche voi non sapete che le tortillas fanno tornare la voglia di avventura, o che un ragù al pomodoro può addirittura favorire la nascita di un nuovo amore, o ancora che una soffice glassa di una torta sa far dimenticare un tradimento.
Mi spiace, ma per sentire il sapore del libro lo dovete proprio leggere … alla fine sarete ricompensati con due preziose ricette dalla cucina di Lillian.

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

venerdì 9 marzo 2012

Meglio il burro o la margarina?

Illustrazione di
Gianluigi Marabotti
La margarina nacque nella seconda metà del 1800, ideata da un chimico francese che vinse un concorso indetto da Napoleone III per la creazione di un prodotto che potesse sostituire il burro in caso di carestie legate a periodi bellicosi; si è poi diffusa su larga scala grazie ai mass media che l’hanno pubblicizzata come sana e leggera.
In realtà le margarine sono scadenti dal punto di vista nutrizionale, in quanto ottenute per lo più da grassi non pregiati e idrogenati (cioà resi solidi chimicamente), con l’aggiunta di aromi (come ad esempio il diacetile), conservanti e coloranti (come il beta-carotene).
Molto meglio il burro quindi che, pur essendo ricco di grassi saturi e molto calorico, ha il pregio non da poco di avere un solo ingrediente: il latte. Quindi, usato in piccole quantità, saltuariamente e a crudo, è un buon alleato in cucina.
Ecco una divertente ricetta per fare il burro in casa. Servono:
  • 250 ml di panna liquida fresca
  • mezzo bicchiere d’acqua
  • una bottiglia di plastica da un litro (quella del latte va benissimo) vuota e fredda che costituirà una pratica alternativa alla zangola, l’attrezzo tradizionale per la preparazione del burro
  • una biglia di vetro ben pulita
  • forbici da cucina
  • un piccolo panno
  • un contenitore da frigo per il burro
Mettete la pallina nella bottiglia e versateci la panna fredda da frigo.
Dopo aver tappato bene, iniziate ad agitare velocemente come se aveste un shaker; la panna inizierà a montare e successivamente si sgonfierà diventando più densa fino a formare dei grumi (il burro) e un liquido (il latticello).
Eliminate il latticello e lavate il burro con acqua freddissima, agitando ancora per qualche minuto.
Estraete quindi il burro tagliando la bottiglia e appoggiatelo su un panno, strizzandolo per far unscire tutto il liquido (le presenza di una quantità maggiore di acqua nel prodotto casalingo è il motivo principale per cui si conserva meno a lungo).
Il burro è pronto e può essere modellato a piacere in uno stampo, eventualmente aggiungendo delle spezie (peperoncino, curry, erbe aromatiche); si otterrà così un ottimo condimento per una pasta al volo o per una golosa fetta di pane tostato.
Essendo un prodotto fresco, va conservato in frigo per 2 o 3 giorni oppure in freezer per non più di 2 o 3 settiamane.

La ricetta è tratta da: Patrizia Bollo, Giochiamo in cucina, Laboratorio Salani 2011

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

giovedì 8 marzo 2012

La triade femminile dell'atleta

Illustrazione di Gianluigi Marabotti
Ogni donna sa che l'esercizio fisico praticato per diletto permette di migliorare l'immagine corporea aumentando l'autostima e favorendo lo stato di salute generale. Quando però la disciplina sportiva diventa agonistica è allora più arduo non superare quella linea sottile che separa il benessere dal danno fisico.
La triade femminile dell'atleta è una sindrome che è stata definita per la prima volta nel 1993 e poi esaustivamente descritta nel 2007 dall' American College of Sports Medicine (ACSM); essa è caratterizzata da tre aspetti fortemente connessi con lo stato di nutrizione: amenorrea (assenza di tre cicli consecutivi), osteoporosi e disordini alimentari. Tutti segnali che il corpo mette in atto per bloccare il funzionamento di alcuni meccanismi fisiologici non indispensabili alla sopravvivenza quando le energie disponibili sono a malapena sufficienti per il mantenimento delle funzioni vitali. Uno dei meccanismo "boicottati" da un fisico in carenza energetica è il sistema riproduttivo; in fondo una donna senza energie per se stessa non potrebbe certo portere avanti una gravidanza senza correre rischi per la salute.
Le donne che ne sono colpite hanno in comune diverse caratteristiche:
  • sono giovani (in particolare adolescenti)
  • hanno una personalità estremamente competitiva, perfezionista ed autocritica
  • la disciplina sportiva enfatizza la magrezza e la bellezza (ginnastica artistica, pattinaggio, danza, ecc.) oppure la categoria di peso (ad esempio la lotta)
  • gli allenamenti non consentono un adeguato recupero
  • vi è una forte pressione da parte dei genitori e degli allenatori riguardo la performance
  • si dedicano a tempo pieno alla disciplina senza attività ricreative
Partendo da queste basi, i problemi solitamente esordiscono con il sovrapporsi di picchi di esercizio fisico particolarmente intensi e regimi nutrizionali restrittivi ed inadeguati, al fine di raggiungere particolari obiettivi richiesti dalla disciplina in questione. La maggior parte degli effetti si manifestano al di sotto di una disponibilità di energia di 30 kcal/kg di massa magra al giorno e con una percentuale di grasso inferiore al 3-5% per i maschi e 12-16% per le femmine.
Tali comportamenti alimentari non salutari possono essere messi in atto involontariamente (ad esempio facendo un allenamento più intenso senza aggiustare l'introito calorico) oppure intenzionalmente; in questo caso la strenua determinazione a raggiungere determinati standard di peso può, per alcuni atleti, basarsi su un disturbo alimentare di gravità clinica che richiede un tempestivo intervento psicologico.
Ciò ha come conseguenza una perdita di peso, in particolare a scapito del grasso corporeo e quindi una ridotta sintesi di estrogeni. La conseguente disfunzione ipotalamo-ipofisaria, insieme allo stress pico-fisico e a modificazioni ormonali indotte dall'allenamento, causa uno stato di amenorrea secondaria. La prevalenza dell'amenorrea dipende dall'età, dall'allenamento e dal tipo di sport praticato ma è ormai dimostrato da diverse ricerche che è più frequente nelle atlete d'elite che nella popolazione generale.
Le irregolarità mestruali portano a loro volta ad una diminuzione della densità ossea che può arrivare fino all'osteoporosi. Ciò sia a causa di una diminuzione degli estrogeni circolanti che aumenta il riassorbimento della matrice ossea, sia per l'insufficiente introito calorico che riduce i processi di neoformazione (bastano 5 giorni con meno di 30 Kcal/Kg di peso corporeo). Dopo il picco di massa ossea che si verifica tra i 18 e i 25 anni, la densità minerale ossea diminuisce fisiologicamente di circa lo 0,4% ogni anno. Per le atlete con una storia di amenorrea si può arrivare a perdite del 6% annuo con picchi che raggiungono il 25% della massa totale ossea. Le ossa di una giovane atleta possono quindi essere più fragili di quelle di un anziano ed esporre quindi ad un rischio maggiore di fratture. Anche se ciò rappresenta la principale conseguenza medica della triade dell'atleta, gli effetti sulla salute sono davvero numerosi e colpiscono diverse aree mediche.
Proprio per la gravità delle conseguenze sulla salute l'ACSM raccomanda di pianificare tempestivamente interventi correttivi, non oltre tre mesi dalla comparsa dell'amenorrea.
Quali sono i comportamenti da mettere in atto? Sicuramente ridurre l'intensità dell'allenamento di almeno il 10% e migliorare l'introito calorico al fine di ottenere un aumento del peso di almeno il 2 o 3%, mantenendo l'assunzione giornaliera di calcio intorno ai 1500 mg/die. Il team di cura deve per forza essere multidisciplinare e costituito da un medico, un nutrizionista e una psicologo con conoscenze specifiche nell'ambito sportivo.
Per un intervento ancora più precoce, e quindi efficace, è fondamentale una adeguata informazione e formazione delle atlete stesse ma soprattutto delle famiglie, degli allenatori e di tutto il sistema che ruota intorno al mondo sportivo in modo che sia sempre la salute ad essere sul gradino più alto del podio.

(Articolo scritto per La Scuola Di Ancel)

lunedì 5 marzo 2012

Perché alcuni cibi danno dipendenza?

Perché alcuni cibi sembrano piacerci tanto? Che cosa spinge a ordinare un hamburger e a chiedere una porzione doppia di patatine fritte, possibilmente con salse dai colori improbabili?
Perché questi alimenti creano dipendenza proprio come fossero una droga?
E, soprattutto, come fare per evitare il consumo incontrollato di cibo non solo poco ricco di principi nutritivi ma addirittura dannoso per la nostra salute?
Se i cibi sono ricchi di zuccheri e grassi e in più anche facili da masticare e deglutire, si avrà voglia di buttar giù velocemente un secondo boccone, e poi ancora un altro e così via.
E non è nemmeno necessario consumare i pasti con calma seduti a tavola ma è sufficiente masticare continuamente snack dalla mattina alla sera quasi fossimo dei ruminanti, magari davanti alla televisione o, per i ragazzi, con un videogioco in mano.
Non dimentichiamo poi che un cosiddetto pranzo completo al fast-food è ricchissimo di grassi e può arrivare a contenere 2000 calorie, cioè il fabbisogno giornaliero di un adulto medio. Una cifra spropositata, ma vuota di principi nutritivi come le vitamine e i sali minerali.
Per evitare di cadere in questa “trappola” bisogna cominciare fin da piccoli, anzi,  già dal ventre materno. Una madre incinta che abusa di junk-food (cibo spazzatura) trasmette al nascituro la propensione per questo gusto e ciò è una vera minaccia per la salute del piccolo predisponendolo a una infanzia in sovrappeso.
L'obesità infantile non è un fatto solamente estetico, ma una vera minaccia per la salute del singolo e della società.
È di recente pubblicazione un articolo sulla rivista Molecular Neurobiology che ha analizzato la correlazione tra obesità e dipendenza da cibo. È stato scoperto che il cibo spazzatura induce dipendenza in quanto agisce sui recettori della dopamina in maniera del tutto simile alle droghe. In pratica, in alcune persone, il cibo agirebbe come un antidepressivo regolando il tono dell’umore.
Capire i meccanismi fisiologici che stanno alla base dei nostri comportamenti forse non è la soluzione a tutto. Ma può aiutare a sentirsi meno soli e a non provare vergogna o frustrazione quando si viene accusati di ingrassare solo per gola e pigrizia.
Riconosciuto il problema, la soluzione è più a portata di mano.

(Articolo pubblicato sul N°3 del Giornale della Valcamonica)